mercoledì 16 marzo 2022

Proiezione film "Europa", 16 marzo 2022

 



SINOSSI

 

Il film racconta la storia di Kamal, giovane iracheno che intraprende un viaggio a piedi per provare a entrare nel continente europeo attraverso la rotta balcanica. Per riuscire nella sua impresa, il ragazzo deve oltrepassare il confine tra Turchia e Bulgaria dove viene catturato da quelle forze di polizia di frontiera che spesso si alleano alla criminalità organizzata. Dopo essere riuscito a scappare il giovane si rifugia in una foresta, e lì la sua vita si trasforma in una lotta per la sopravvivenza.

Scritto e diretto dal figlio di un immigrato iracheno e una madre italiana, racconta l'esperienza della migrazione cercando di farci provare cosa voglia dire affrontare quel viaggio, non in astratto ma nella concretezza immediata del qui e ora: come succede ogni giorno ai migranti. Haider Rashid azzera qualunque distanza fra lo spettatore e il suo protagonista gettandoci dentro un'esperienza immersiva epidermica: sentiamo il caldo, la fame, la stanchezza, e soprattutto il terrore così come li avverte il ragazzo ridotto a nutrirsi di bacche e uova trovate per caso, con la suola delle scarpe tagliata a metà e le ferite inferte dalla natura e dagli uomini. I nemici compaiono all'improvviso davanti ai suoi e ai nostri occhi, e sono nemici senza identità, corpi armati senza nome. Anche i cadaveri che incontra lungo il suo percorso appaiono a sorpresa, costanti memento mori per un ragazzo che va avanti con la sola forza della disperazione. Forse l'incontro più straniante rimane quello con una donna che carica il ragazzo in macchina parlandogli in una lingua sconosciuta e reagisce a lui con un misto di empatia e di orrore. Cinematograficamente, l'esperienza di Europa ricorda quella di Garage Olimpo o de Il figlio di Saul: un percorso a ostacoli attraverso un inferno che percepiamo con tutti i cinque sensi. È quasi un film muto, se si eccettuano i suoni del respiro affannoso del protagonista e degli spari che ogni tanto squarciano il silenzio del bosco. Il protagonista risulta credibile e suscita istantanea empatia, sia per la sua giovane età sia per la condizione di totale straniamento in cui si trova, che Rashid ci spinge a condividere attraverso una regia costantemente aderente al momento e appiccicata al suo personaggio.

Le vicende di un rifugiato lungo la rotta balcanica nel film del cineasta italo-iracheno, presentato nella Quinzaine des Réalisateurs

«Soldi! Ancora soldi o vi rimandiamo indietro!» urlano gli uomini armati. Qualcuno protesta, altri sono rassegnati. «Ancora tre ore di marcia» rispondono, contando in fretta il denaro. Lungo il confine turco-bulgaro, di notte, dove la polizia non vede, uomini e donne irachene cercano di entrare clandestinamente in Europa. Il pagamento non è risolutivo e, superato uno stretto passaggio, si scatena l’inferno. Per evitare la violenza dei colpi non si può fare altro che correre più veloce possibile, cercando riparo nella boscaglia, dietro un pietrone o in cima a un albero. Ogni pausa nasconde un pericolo, ogni ritardo un rischio mortale. I migranti corrono come impazziti lungo linee parallele, senza avere neppure il tempo di scambiarsi uno sguardo. Il nemico è invisibile, ma la sua presenza incombente. Anche voltarsi può essere fatale, da dietro arrivano urla, il suono secco delle fucilate, gli schianti dei corpi. Correre è l’unica cosa da fare.

QUANDO la luce del giorno rende la situazione più chiara ma non meno angosciosa, Kamal, che nella prima inquadratura aveva guardato con speranza alla luna, cerca di nutrirsi e di tamponare le ferite, ma è un breve sollievo. La caccia non è finita e deve ricominciare a correre. Il bosco è fitto, ma gli uomini armati sono organizzati, non fanno prigionieri, vogliono uccidere. Il rifugio che Kamal ha scelto, lungo l’ansa del torrente, si rivela meno sicuro del previsto, l’uomo con il volto coperto è ormai troppo vicino: correre non è più possibile e Kamal lo affronta in una lotta disperata. La spunta e può ricominciare a fuggire, risale una scarpata, raggiunge una strada, vede un’automobile che si avvicina. La corsa non è finita.

FOCALIZZATO strettamente sul suo protagonista, Europa trasporta lo spettatore sulla scena minimizzando le mediazioni. Si vede e si sente quello che Kamal vede e sente. Nessuna informazione aggiuntiva ci permette di avvantaggiarci nei suoi confronti e anzi, la condivisione della percezione per tutti i 71 minuti del film fa sì che l’identificazione con i clandestini sia totalizzante. Se Kamal non ha alternative alla corsa a perdifiato, chi lo osserva non può staccare lo sguardo da lui. I primissimi piani con cui il protagonista viene filmato limitano fortemente la visione d’insieme allo spettatore che non può neppure ipotizzare soluzioni diverse da quelle adottate da Kamal. L’unica risposta possibile alla domanda «cosa farei se mi trovassi in quella situazione?» è quella che offre Kamal. Il dispositivo narrativo organizzato dal regista Haider Rashid, che negli ultimi anni ha lavorato con il «360» e la “realtà virtuale”, rende la partecipazione dello spettatore ai destini del protagonista un fatto strutturale e non ideologico.

Stiamo dalla parte di Kamal non perché commossi dalla sua condizione o perché convinti assertori dell’inclusione, ma perché non ci sono altre parti dove stare. E l’unica che c’è è decisamente scomoda. Europa mostra su un piano elementare cosa significhi essere posto in una condizione di minorità. Oggettivamente autoritario ma mai ricattatorio, non indugia in sentimentalismi e non si preoccupa di trovare ragioni al comportamento delle milizie di assassini nazionalisti che fanno il tiro a segno con i clandestini: come nel cinema classico americano, il nemico non ha volto, se non quando diventa cadavere.

Un film semplice ed efficacissimo, memore di Walter Hill e immerso nelle tecniche contemporanee dell’audiovisione, un’altra bella scoperta nell’ottima selezione della Quinzaine des Réalisateurs.

 


IL COMMENTO DELLE ASSOCIAZIONI PROMOTRICI

 

“Troppo spesso perdiamo rapidamente memoria delle tragedie, anche quelle che avvengono alle porte di case. Grande commozione e empatia al momento in cui accade il disastro, sia esso la presa del potere da parte dei talebani o il naufragio di una carretta del mare o un bambino che muore di freddo e di fame e, quando la notizia passa dalla prima pagina dei giornali a qualche trafiletto in settima o ottava, ci si dimentica di tutto. I migranti, intanto, continuano a fuggire dalle guerre, dalla carestia, dalle violenze e sulla loro pelle vivono respingimenti, nuove violenze, fame, freddo, nessun diritto e nessuna reale pietà. Ricordare, anche attraverso questo film che già nel titolo ci richiama al rispetto dei principi che stanno alla base dell’Europa, è un obbligo a cui non possiamo sottrarci”.

(Emergency Venezia)

 

“Europa è un verso, una direzione. È la direzione che spinge persone, famiglie a mettersi in cammino, spesso per ricongiungersi oggi ad altre persone o pezzi di comunità che si sono spostate con migrazioni in anni precedenti.

Ma dobbiamo interrogarci non solo sulle persone che cercano di entrare in Europa ma anche su chi alla fine ci è arrivato: non dimentichiamo che questo “negare l'altro” non avviene solo alle frontiere più lontane ma anche a casa nostra, nelle questure dove si creano delle barriere che sono delle vere e proprie frontiere, dove vengono respinte non solo le domande di asilo ma proprio le persone che non possono entrare per presentare la loro richiesta. Queste “frontiere”, questi “dispositivi” lasciano le persone senza documenti, amministrativamente irregolari sul nostro territorio e quindi passibili di arresto, di espulsione, di detenzione con il rischio di ricominciare il giro. Abbiamo visto con i nostri occhi tante volte tornare indietro persone che vengono respinte a catena da Italia o Austria verso la Slovenia e poi verso la Croazia e poi di nuovo in Bosnia o in Serbia. Succede anche dall'Ungheria o dalla Romania verso la Serbia. Lì dove c’è il famoso muro di Orban - che però non ricopre proprio tutto il confine - soprattutto lungo i fiumi, si formano le aree di informalità, a 20 ° sottozero, dove si creano squat e jungle, tendopoli vissute da famiglie di siriani o di afghani che aspettano il loro turno per cercare di passare al di là. I racconti che stiamo sentendo, purtroppo da anni e in tutte le varie frontiere, parlano di pestaggi, respingimenti, ruberie da parte delle polizie. I campi dove vengono confinati sono campi finanziati dall'Unione Europea dove le persone sono trattenute in condizioni assolutamente non accettabili.  

Parafrasando chi dice che l’ambientalismo senza critica al capitalismo è giardinaggio potremmo dire che oggi parlare di migrazioni e di diritti dei migranti senza mettere in discussione il modello capitalistico (che sopravvive proprio grazie allo sfruttamento di chi si trova in condizioni di vulnerabilità) è parlare di viaggi dell’Alpitour. Ma chi oggi si mette in viaggio sono donne e uomini che rischiano le proprie esistenze.

Perciò come europei abbiamo un nuovo bisogno di autodeterminarci perché c’è il rischio di cancellare dall'identità europea alcuni dei valori alla base della sua costituzione, come l'antifascismo, che ci hanno donato l'Europa in cui viviamo e in cui tutti crediamo. Una Europa dei diritti per la quale dobbiamo continuare a batterci tutti”. 

(Lungo la rotta balcanica)

 

“Dobbiamo essere molto chiari: le persone che vivono una condizione di vulnerabilità e che stanno alle porte dell’Europa, ai nostri confini devono essere una nostra priorità. Le loro condizioni di vita e il loro sacrosanto diritto di poter partire, di poter decidere dove vivere, dove restare è una libertà di scelta che deve essere la premessa di qualsiasi nostro ragionamento”.

(Mediterranea Saving Humans)

 

La storia raccontata in questo film è l’esperienza di una singola persona ma diventa subito universale, paradigmatica di un contesto più ampio. Come Kamal ci sono migliaia di persone che cercano di entrare in Europa, ci sono milioni di persone che in questo mondo sono costrette ad andarsene, a cercare una vita più dignitosa, costretti a lasciare tutto. La cosa insopportabile è che non possono farlo. Il film ci costringe a porci la domanda di cosa sia l'Europa, cosa vogliamo che rappresenti. Ci obbliga a chiederci se sia accettabile chiuderci dentro a questa “fortezza”, una fortezza assai bizzarra però perché ha delle “porosità”, la sua frontiera è infatti una membrana osmotica che consente di far passare le persone quando si ha bisogno di “risorse umane” - braccia non persone - per fa girare la nostra economia ma che allo stesso tempo sa e può diventare impenetrabile e impermeabile”.

(SOS Diritti)

 

“Il nostro viaggio, come associazione, è iniziato più di 10 anni fa ed è partito dalla Bosnia Erzegovina, da Sarajevo. È iniziato nel cuore dell’Europa e da allora tutta la nostra attività e tutta la nostra riflessione gira attorno ad un unico tema, la “scommessa” che sia possibile immaginare e lavorare per costruire un mondo senza confini, barriere, un mondo dove sia possibile una reale e piena convivenza tra diversità. Ecco allora che l’Europa oggi, parafrasando le parole di Langer, muore o rinasce proprio lungo le sue frontiere, lì dove si “gioca” oggi la partita più importante per definire quella che è la nostra identità”.

(Buongiorno Bosnia)

 

“Fa impressione rileggere la carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea alla luce delle immagini di questo film. Fa impressione perché appare evidente e drammatica la scollatura tra il pensiero e l’azione, tra i principi enunciati, principi di uguaglianza, di dignità, di giustizia e le pratiche messo in atto, pratiche di respingimento, di finanziamento verso regimi autoritari quando non dittatoriali, di esternalizzazione del controllo delle frontiere che consente di girarci dall’altra parte, di scaricare colpe e responsabilità su altri. L’Europa ci appare così come un’opera bellissima ma incompiuta”.

(Il Villaggio)

 

“Non possiamo certo dire che la vicenda di Kamal sia una sorpresa, una novità. Sappiamo, sappiamo tutto di quello che succede alle frontiere della nostra Europa da molti, troppi anni. Abbiamo trasformato le migrazioni in una emergenza continua, gestita con allarmismo, con proclami, usata di volta in volta dalla propaganda politica più per cercare di ottenere consenso che per volere risolvere o gestire quello che continuiamo a voler considerare e far rimanere un “problema”. La domanda che ogni volta ci assale è “cosa possiamo fare?” Perché la nostra inazione, la nostra indifferenza ci rende di fatto complici. Quello che è certo è che non ci stancheremo di informarci e informare perché conoscenza e consapevolezza sono premesse imprescindibili per qualsiasi cambiamento”.

(Gruppo In-Formazione)

 

 

LA CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL'UNIONE EUROPEA

 

Dal Preambolo:

 

I popoli d'Europa, nel creare tra loro un'unione sempre più stretta, hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni.

 

Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto.

Pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

 

L'Unione contribuisce alla salvaguardia e allo sviluppo di questi valori comuni nel rispetto della diversità delle culture e delle tradizioni dei popoli d'Europa, nonché dell'identità nazionale degli Stati membri e dell'ordinamento dei loro pubblici poteri a livello nazionale, regionale e locale; essa si sforza di promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile e assicura la libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali, nonché la libertà di stabilimento.

 

A tal fine è necessario rafforzare la tutela dei diritti fondamentali, alla luce dell'evoluzione della società, del progresso sociale e degli sviluppi scientifici e tecnologici, rendendo tali diritti più visibili in una Carta.

 

Scarica e leggi l’intera Carta: https://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

·       “Conversazioni in alto mare” di Marco Aime (Autore), Riccardo Gatti, Elèuthera 2021

·       “Salvarsi insieme. Storia di una barca a vela sulla rotta dell'umanità” di Alessandra Sciurba, Ponte alle Grazie 2020

·       “Bosnia: l'ultima frontiera. Racconti dalla rotta balcanica” di Gabriele Proglio, Eris 2020

·       “Io sono confine” di Shahram Khosravi, Elèuthera 2019

·       “Io Khaled vendo uomini e sono innocente” di Francesca Mannocchi, Einaudi 2019

·       “Noi migranti: Per una poetica della relazione” di Paola Gandolfi, Castelvecchi 2018

·       “Lungo la rotta balcanica: Viaggio nella Storia dell’Umanità del nostro tempo” di Anna Clementi e Diego Saccora, Infinito Edizione, 2016

·       “La frontiera” di Alessandro Leogrande, Feltrinelli 2017

 

I dossier a cura della rete RiVolti ai Balcani

 

·       “La rotta balcanica. I migranti senza diritti nel cuore dell’Europa”

·       “Bosnia ed Erzegovina, la mancata accoglienza. Dall’emergenza artificiale ai campi di confinamento finanziati dall’Unione europea”

·       “Lipa, il campo dove fallisce l'Europa”

 

>> I dossier sono scaricabili gratuitamente al link: https://www.rivoltiaibalcani.org/