"Le lacrime delle madri di Srebrenica" di Abdulah Sidran

Sarebbe meglio non fosse
piuttosto che sia
così
come oggi è
la nostra Srebrenica
Nulla di morto né di vivente
in lei
può più abitare
Sotto un cielo plumbeo
l'aria di piombo 
mai nessuno 
ha imparato
a mettersi nei polmoni 
Da lei fugge tutto 
ciò che ha gambe
con le quali possa
e sappia dove
fuggire
Da lei fugge tutto
anche ciò che da nessuna parte
se non sotto la terra nera 
può fuggire
Gli ortodossi fuggono
i nuovi come i vecchi
i musulmani fuggono
i vecchi come i nuovi
E chi in qualche modo
è rimasto vivo
andato via e poi tornato
neppure un inverno con l'estate
ha messo insieme
né un autunno
con la primavera
ma ha cercato
quanto prima 
di andarsene da Srebrenica
E quei cattolici 
nostri vicini 
e per loro Srebrenica
per centinaia d'anni
è stata l'amata 
e bellissima 
sede principe 
della loro buona
e nobile comunità
se ne sono andati da tempo 
Come se
nella loro saggezza avessero 
saputo che sarebbe arrivato un tempo
in cui non ci sarebbe più stata
la buona Srebrenica
Ci dicono
da dieci anni ce lo dicono
che in Bosnia
la guerra è finita
A noi spiegano 
e inviano istruzioni scritte 
che nel nostro Paese 
Bosnia Erzegovina
la guerra è finita
e che nessuno 
deve più
guardare al passato
Credono forse
davvero
che siamo vivi 
noi che stiamo qui
e da questo luogo
parliamo così
come se davvero fossimo vivi
Davvero pensano che si chiami salute
davvero pensano che si chiami ragione
ciò che in noi è rimasto
della salute e della ragione di un tempo?
Non vedono, non sentono forse
non sanno forse che noi,
quelli rimasti, siamo più morti di tutti
i nostri morti, e che qui oggi, con la loro voce,
la voce dei nostri morti, dalle loro gole,
gridiamo e con il loro grido - noi parliamo?
Non ci permettete di 
guardare al passato!
E noi non lo guardiamo, ma è lui a guardarci!
Voi dite:
guardate al futuro! 
Ma noi, nessun
futuro in nessun luogo
riusciamo a vedere
né vediamo che lui
con un sol occhio
guardi noi
e neppure che ci veda
e che di noi si preoccupi

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