"Dove finisce la logica, lì comincia la Bosnia" (viaggio 2016)

I ragazzi del Servizio Civile del Comune di Venezia quest'anno hanno partecipato ad un viaggio organizzato e promosso da Buongiorno Bosnia insieme alla Fondazione Alex Langer. Ci hanno lasciato le loro impressioni, un riassunto delle cinque giornate passate nei Balcani.


Crediamo sia importante testimoniare quanto questo viaggio seppur facoltativo fosse in piena sintonia con i valori promossi dal servizio civile.
La tolleranza, la non violenza, il concetto di interculturalità sono stati affrontati e messi in discussione in prima persona da ognuno di noi in Bosnia.
Realtà non facili da accettare ci hanno messo di fronte ad uno scenario di dis-integrazione, dove le atrocità commesse in guerra sono tutt'oggi motivo di separazione.

Non vogliamo spaventare o allontanare la gente da questo argomento.
Raccontando queste storie si rischia di comunicare solo angoscia, sofferenza,
perdita di fiducia,
lasciando nel cuore della gente solo la voglia di non ascoltare più,
di non vedere non ricordare.
Ma così si perde la memoria.

UNO
Ci siamo, si parte.
Si va in Bosnia per starci 5 giorni in apnea, tutti d’un fiato.
Sarajevo e la sua biblioteca che apre “solo per noi”, luccicante dopo la distruzione nel '92.
Nel museo di storia un opuscolo insegna come sopravvivere agli aiuti umanitari.
Non che se ne facessero granché delle sardine in scatola i sarajeviti…
La sinagoga, dove Marjo ci racconta la storia degli ebrei di Sarajevo, un tempo ben accolti, poi rastrellati dalle loro case e dritti a Jasenovac.
A Sarajevo la proprietaria di un locale, i cui due figli sono caduti sotto il fuoco di un cecchino serbo, ha assunto come “guardia del corpo” proprio un ex cecchino serbo… il perdono è l'arma più potente.

DUE
E il tunnel di Sarajevo, unica uscita dall’assedio, dove il generale Divjak che ha difeso la città ci racconta, ci ha sbattuto la testa non sa neanche più quante volte.
Dal ‘94 ha fondato un’associazione che consente ai giovani di poter studiare usufruendo di borse di studio. Divjak non ha parlato di storie di morte, ma di storie di vita.
Ci ha parlato di come l'amore sia il motore che lo faccia andare avanti ogni giorno;
ci ha raccontato della resistenza di Sarajevo durante la quale “gli uomini hanno protetto la città, ma le donne l'hanno salvata”.

TRE
Si parte per Srebrenica, ma prima ci immergiamo nella storia di Hasan Hasanovic, sotto la candela del sole, con le ragazze velate nella moschea all’aperto del memoriale di Potocari, dove ci racconta la marcia della morte del '95.
E come si viveva all’assedio, dove gli aiuti umanitari paracadutati hanno ucciso come le granate.
Potocari è una distesa di steli candide, a punta, sono circa sei mila le esequie delle vittime del genocidio di Srebrenica che, ad oggi, hanno ricevuto degna sepoltura.
Altre 123 sono state sepolte l’11 luglio.
A Potocari abbiamo visto quanto l'uomo possa essere crudele nei confronti di un altro essere umano.
A Potocari i morti urlano forte, più dei vivi, il silenzio è assordante.
A Potocari abbiamo provato vergogna.
A Potocari circa 2000 persone mancano ancora all'appello.
Il compound e i graffiti indecenti, “voeding nacht” ora già mezzi sgretolati e sbiaditi (non a caso il finanziatore del restauro è il governo olandese).
Poi Srebrenica. Una città fantasma di fantasmi,
dove dopo le 17 non c’è più una macchina e alle 23 scatta il coprifuoco, ma che nell’unico locale aperto dopo qualche parola di italiano mettono BELLA CIAO.
E tutti cantano,
perché è l’unico modo di sopravvivere ad una notte a Srebrenica.
E i ragazzi di Adopt che non si può parlare altro che di RESISTENZA.
Il quadro del loro paese è mortificante, come pure tutto ciò che li attende in futuro.
Ma loro restano, e tornano. E resistono.
La sola presenza in città vale più di mille parole, e restiamo impietriti ad incontrarli.
Sono come le radici degli alberi che anno dopo anno, crescendo ed espandendosi silenziosamente, riusciranno a rompere il cemento delle strade.

QUATTRO
E poi il cimitero di Bratunac civile e militare… ma soprattutto GRAN SERBO, dove è un onore stare e festeggiare i propri caduti.
E il monumento ai caduti serbi senza nomi né facce, solo smacco a Potocari, che i nomi li ha  tutti (quasi).

Abbiamo visto la desolazione di villaggi deserti, dei fori di artiglieria, di scorci verdi e ricchi d'acqua ma non ancora sminati.

Abbiamo visto moschee accanto a chiese ortodosse usate come avamposti.
Davanti ai nostri occhi la Drina, il fiume che separa due Stati, la Serbia e la Bosnia Erzegovina.
Ammirando il paesaggio e la natura rigogliosa, che negli anni si stava riappropriando con vigore delle macerie delle case abbandonate, non abbiamo potuto fare a meno di pensare a quanto sangue era stato versato su quelle montagne, quel fiume e quelle strade.
E Tuzla, simbolo di lotta al fascismo di ogni tipo. Il tiglio dedicato ad Alex Langer cresce dalla scorsa estate nella piazza principale.
I ragazzi di casa pappagallo, bambini indesiderati che ora desiderano ardentemente un futuro; Zijo Ribic, sopravvissuto allo sterminio della sua famiglia nel 1992, Scappato dalla morte risalendo il fango e la terra di una fossa comune. Si legge speranza, determinazione e umanità, perché lui PERDONA.
e il centro di identificazione.
Questo è il simbolo di quello che è stato il viaggio: un colpo d’aria in piena faccia, che si concretizza quando Dragana, antropologa forense serba (questo è il destino che bussa) apre la porta che dà nella stanza dove alcuni corpi aspettano la tumulazione.

CINQUE

Abbiamo conosciuto reduci, superstiti, vittime.

Ma l’umanità e la determinazione delle persone che abbiamo incontrato risuonano più forti in una Bosnia che è tanto illogica, piegata, corrotta, povera, devastata, storpia, mutilata, economicamente instabile, divisa.
Abbiamo paura di dimenticare.
Questo viaggio non è stata solo una discesa nell'oscurità della sofferenza, è stata anche un'esperienza di crescita interiore, di apertura degli occhi verso un mondo che ignoravamo, un'esperienza che ha aperto le porte ad un mondo che avevamo dentro di noi ma non ce n'eravamo ancora accorti.


Non è stata un'esperienza facile ma umanamente fondamentale. E i nostri occhi adesso, sono un po' più aperti.



Hajde.


Steli a Potocari

Il fumo nuoce gravemente alla salute in tutte le lingue

Sarajevo
La verde Drina
Compound di Potocari
Compund UN di Potocari
Graffiti nel compound UN diPotocari
Potocari
Kapija (Tuzla)


Holiday Inn (Sarajevo)

Sarajevo

Il generale Jovan Divjak


Rose di Sarajevo






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