venerdì 15 ottobre 2021

Il nostro modo per ricordare Jovan Divjak - #2

Classe 1937, nato a Belgrado da una famiglia serba. Il padre, Dušan, era insegnante elementare che lavorò in numerose scuole della ex Jugoslavia e così la sua infanzia fu un po’ nomade tra la Bosnia paterna e la Serbia materna. Nel 1942, in piena guerra, il padre fu inviato in una scuola nel Banato a cavallo tra Serbia e Romania dove si unì ai partigiani nella lotta contro i nazisti. Anche la mamma Emilja, casalinga, si unì alla resistenza cucendo bandiere e berretti ornati con la stella rossa per i partigiani e portando di tanto in tanto i rifornimenti di cibo e vestiti.

Finita la guerra, nel 1947, Jovan iniziò le scuole elementari a Bosanka Krupa paese da dove veniva il papà, attraversato dal fiume Una (dove Divjak imparò a nuotare) e dove convivevano bosgnacchi e serbi.

Racconta Jovan del papà “era un tipo simpatico e divertente, capace di scherzare con fanti e santi e anche seduttore incallito. Così un bel giorno mia madre lasciò questo sciupafemmine”.

Così si trasferiscono a Zrenjanin a nord di Belgrado nella Vojvodina, una regione piatta e sferzata dai venti, una regione a maggioranza serba ma storicamente aperta sul mondo, in contatto con Vienna e Budapest, mosaico etnico popolato da ungheresi, rumeni, serbi, slovacchi. Dice ancora il Generale: “ci si mescolava sui banchi di scuola e se c’erano baruffe per delle biglie o sul campo di calcio si trattava di rivalità tra quartieri senza alcuna connotazione etnica”.

Anni di vita povera in cui Jovan impara e conserva il gusto di una vita semplice ma anche spensierata. Ricorda il solo regalo fattogli dalla madre, un corso di ballo, dove con i compagni impara tanto e valzer. A scuola impara lo sloveno, il macedone ma anche il francese e il russo.

La madre era una comunista convinta, per lei fare politica significava agire concretamente per migliorare l’avvenire e credeva in quello che diceva Tito come se fosse l’ordine normale delle cose. Così quando Jovan compie 18 anni gli propone di entrare nel partito. 

A 19 anni entra nell’esercito non per vocazione o tradizione di famiglia ma solo perché gli studi militare erano gratuiti. All’accademia militare di Belgrado incontra Vera che lavorava come bibliotecaria e che diventerà sua moglie. Ricorda Jovan: “la mia prima paga divenne il suo abito da sposa. Avevo 23 anni, lei 22. Non ci siamo mai lasciati".

Inizia quindi la sua lunga carriera militare, con momenti di formazione in Francia, presso la scuola dello Stato Maggiore ed entrando nel 1959 nel battaglione della guardia personale di Tito. A proposito di Tito dice Jovan: “Era uno capace di proteggere, una figura paterna, un uomo che aveva conservato la semplicità di un operaio e restava vicino a tutti. Un modello da imitare”. Rifiuta l’idea che possa essere considerato un dittatore crudele. “Un dittatore perseguita il suo popolo e questo non è proprio il suo caso. Era un socialista sincero, estremamente attendo alla classe lavoratrice. Forse un po’ paternalista ma non certo un dittatore”

Era colonnello quando, nel 1992, decise di lasciare l’esercito jugoslavo e di aderire a quello bosniaco per difendere la “sua” Bosnia Erzegovina e in particolare la città di Sarajevo durante la guerra del 1992-1995.  

Cos’è stata per lui Sarajevo lo si capisce dalle sue parole: “Vivo da 40 anni nello stesso quartiere a due passi da una antica chiesa ortodossa e da una moschea del XVI secolo. Salendo da casa mia raggiungo il seminario cattolico della Bosnia. Questa armonia, nata dalla differenza, si ritrovava nella vita di ogni giorno. Nel nostro ambiente le famiglie celebravano le loro feste religiose e ci invitavamo a vicenda per il natale cattolico, la pasqua ortodossa o il capodanno musulmano. Mai abbiamo subito pressioni per abbracciare una fede o adottare nuovi usi e costumi. Ero stupito nel vedere una città così ricca di grandi qualità umane, di tolleranza e generosità. Ne sentivo l’immenso fascino. Ne ero completamente innamorato. Amavo i suoi abitanti, cantati da Kemal Monteno in Sarajevo, mon amour, la loro cortesia e il loro amabile stile di vita non li h mai incontrati altrove. Ho questa città nella pelle.

Nel 1994 dopo aver lasciato l’esercito, ha fondato l’associazione “L'educazione costruisce la Bosnia Erzegovina” che aiuta gli orfani di guerra e che per oltre 25 anni è stata la sua missione di vita.

Ci ha lasciati l’8 aprile del 2021.

Izet Saralic, poeta sarajevese, lo ricorda in un “Ultimo tango a Sarajevo” e, come sanno fare solo i grandi poeti, in due versi che sembrano due pennellate ce lo fa immaginare mentre balla con i suoi stivali infangati.

Ultimo tango a Sarajevo

Il novantaquattro, 8 marzo.
La Sarajevo degli amanti non si arrende.
Sul tavolo l’invito per il matinée di danza allo Sloga.
Naturalmente ci andiamo!

I miei pantaloni sono un po’ logori,
e la sua gonna non è proprio da Via Veneto.
Ma noi non siam a Roma,
noi siamo in guerra.

Arriva anche Jovan Divjak. Dagli stivali si vede
che viene direttamente dalla prima linea.
Quando ti chiede un ballo sembri un po’ confusa.
Per la prima volta ballerai con un generale.

Il generale non immagina l’onore che ti ha fatto,
ma, a dire il vero, anche tu al generale.
Ha ballato con la donna più celebrata di Sarajevo.
Ma questo tango – questo è solo nostro!

Per la stanchezza ci gira un po’ la testa.
Mia cara è passata anche la nostra magnifica vita.
Piangi, piangi pure, non siamo in Via Veneto,
e forse questo è il nostro ultimo ballo.

Abbiamo avuto l’onore e la fortuna di incontrarlo molte volte, proprio nella sede della sua associazione, ma anche di averlo come ospite a Venezia il 16 aprile 2012. Un video, purtroppo di qualità non eccellente, ci ricorda l’incontro pubblico tenuto a Ca' Farsetti il 16 aprile 2012: https://www.youtube.com/watch?v=UuA4xH20Oxc

Per sostenere l'associazione "L'educazione costruisce la Bosnia Erzegovina":

- tramite paypal su account buongiorno.bosnia@gmail.com 

- tramite bonifico bancario sul conto corrente (Poste) intestato all’associazione Buongiorno Bosnia, IBAN: IT07Y0760102000001015785288

(indicando il proprio indirizzo mail al momento della donazione si riceveranno 4 vignette inedite con le barzellette di Suljo e Mujo che Jovan Divjak amava raccontare alla fine di ogni incontro con lui).


Sarajevo, giugno 2019



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